La view del trader: La Fed alza i tassi di interesse e accelera la stretta monetaria

A cura di Alessandro Aldrovandi

21/03/2022 · Prodotto da Investire Certificati

Che la Fed alzasse i tassi, dopo la due giorni di riunioni conclusa giovedì scorso, era scontato. La vera incognita ora è se gli altri sei ritocchi del costo del denaro previsti entro la fine dell’anno, più i tre messi in conto per il prossimo, riusciranno a frenare l’aumento dell’inflazione senza provocare una recessione. Il Fomc, infatti, ha approvato il rialzo di un quarto di punto con otto voti favorevoli e uno contrario, perché il capo della sede di St. Louis James Ballard avrebbe voluto un intervento più deciso, dello 0,5%. Però è solo l’inizio, perché la Banca centrale si aspetta altri sei interventi entro la fine del 2022, e tre nel corso del 2023, con il costo del denaro che potrebbe salire al 2,50% entro il prossimo anno.

Nello stesso tempo la Fed ha segnalato che avvierà presto un piano per alleggerire il suo portafoglio, arrivato a 9 trilioni di dollari per gli acquisti di asset decisi quando la crisi provocata dalla Covid aveva reso necessario stimolare l’economia. I troppi soldi iniettati nel mercato, sommati alle strozzature della catena di approvvigionamento generate dalla pandemia, hanno fatto impennare la domanda molto oltre la capacità dell’offerta di soddisfarla. Così a febbraio l’inflazione è salita al 7,9% su base annuale, e anche se la crescita rimane solida e la disoccupazione è scesa al 3,8%, gli americani pensano che l’economia vada male, creando le condizioni per una pesante sconfitta dei democratici alle elezioni Mid-term di novembre. A tutto questo si è aggiunta la guerra in Ucraina, che da una parte accresce l’instabilità e l’incertezza economica globale, dall’altra promette di gonfiare ancora di più l’inflazione, ad esempio a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia.

Come avviene in questi casi, l’aumento dei tassi di interesse dovrebbe agevolare soprattutto il settore bancario, che otterrebbe beneficio dal margine di intermediazione. Dal punto di vista dell’analisi tecnica, in particolare, i due principali istituti italiani, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sembrano decisamente impostati al rialzo nel breve termine, grazie alla risalita che le quotazioni hanno intrapreso con forza dopo l’importante minimo realizzato lo scorso 7 marzo. E ci sono buone probabilità che tale andamento positivo possa continuare anche nelle prossime settimane, fino a raggiungere la resistenza costituita dalla propria media mobile a 25 periodi.

Per cogliere al meglio le opportunità offerte dal settore creditizio, si segnala il certificato Memory Cash Collect (ISIN NLBNPIT18VV7) avente come sottostante i titoli di cui sopra. Venerdì scorso ha chiuso in salita a 101,25. L’investimento fornisce un premo di 0,80 euro e l’azione Unicredit (worst of) si mantiene sopra la barriera di oltre il 62 per cento.

 

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