Rally dell'oro

L’oro frena dopo i record storici: sana correzione o fine corsa?

29/10/2025 · FOL

Dopo un rally che ha spinto le quotazioni su nuovi massimi, oltre i 4.380 dollari l’oncia, l’oro ha registrato una decisa battuta  d’arresto, mettendo a referto il peggior calo giornaliero da un decennio (-5,4%) e perdendo complessivamente il 10% dai record. La discesa riflette un miglioramento del contesto macroeconomico, con il rallentamento dell’inflazione negli Usa, e la fiducia dei mercati in un accordo commerciale tra Washington e Pechino. Resta però da capire se si tratti di una pausa fisiologica o l’inizio di un’inversione più strutturale.

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Il recente ritracciamento ha messo fine ad una serie positiva di nove settimane consecutive, in un 2025 che resta comunque straordinario, fin qui, per il metallo giallo. Da inizio anno, infatti, l’oro ha accumulato un guadagno pari a circa il 50%, superando nettamente i principali indici azionari globali come l’S&P 500 (+17%), l’Euro Stoxx 50 (+17%) e il Nikkei (+26%). A sostenere
il metallo prezioso hanno contribuito molteplici fattori, tra cui gli acquisti delle banche centrali, la domanda di ETF da parte degli investitori al dettaglio, la crescente richiesta di oro fisico, l’indebolimento del dollaro e l’appetito per i beni rifugio legato alle tensioni geopolitiche internazionali. Non è dunque da escludere che la correzione degli ultimi giorni, che ha affossato l’oro fin sotto i 3.900 dollari, sia almeno in parte da imputare a fisiologiche prese di beneficio. I realizzi sono riconducibili sia agli investitori
istituzionali, sia a quelli retail, con deflussi dagli ETF per 1,8 miliardi di dollari a inizio settimana.

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Prospettive e strategie, tra spinte rialziste e rischi

Nonostante la correzione, gran parte degli analisti continua a vedere nell’oro un asset strategico in grado di offrire diversificazione e protezione. Tra i fattori a sostegno di possibili ulteriori rialzi citano la politica accomodante della Fed dettata dal rallentamento del mercato del lavoro negli Usa, il rischio di una nuova ondata inflazionistica legata alla spesa pubblica espansiva e ai livelli record del debito, nonché l’incertezza sulla futura indipendenza della banca centrale americana nel post-Powell. Inoltre, gli afflussi verso gli ETF e le posizioni nette in futures detenute dai gestori patrimoniali sono ancora inferiori ai massimi storici. Sul fronte opposto, prezzi troppo elevati potrebbero comprimere la domanda di gioielli in mercati chiave come Cina e India, che rappresentano circa la metà del consumo globale. Inoltre, l’oro resta un asset privo di rendimento: se i tassi reali dovessero risalire o altre asset class tornassero a offrire ritorni interessanti, parte dei flussi potrebbe spostarsi altrove. Anche la componente speculativa dei futures e la vulnerabilità dei flussi negli ETF restano fattori di potenziale volatilità.

 

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